Addio a Buttitta, portò l'antropologia italiana nelle scuole internazionali

Da "La Repubblica" del 3 febbraio 2017

di Marino Niola

Con Antonino Buttitta se ne va una delle grandi voci della Sicilia contemporanea.

È mancato ieri a Palermo all'età di 83 anni. Era nato nel 1933 a Bagheria, la Baarìa di Giuseppe Tornatore, quel doppio concentrato di Sicilia da cui sono usciti talenti come Renato Guttuso, Ferdinando Scianna, Dacia Maraini. E dove era nato suo padre Ignazio, uno dei più importanti poeti italiani del Novecento. È stato professore ordinario di discipline antropologiche all'Università di Palermo e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dal 1979 al 1992. Nonché docente allo IULM (Libera Università di Lingue e Scienze della Comunicazione) di Milano.

Allievo di Giuseppe Cocchiara, uno dei padri delle scienze umane nel nostro paese, Antonino Buttitta, per gli amici Nino, fece della sua isola una lente per guardare nelle profondità dell'umano. Un po' come Sciascia aveva fatto per la letteratura. Legato a doppio filo alla sua terra, di cui conosceva volti e risvolti, ma al tempo stesso assolutamente internazionale. È stato lui negli anni Sessanta ad aprire l'antropologia italiana alle grandi scuole che si contendevano la scena mondiale. Dallo strutturalismo di Claude Lévi-Strauss e di Roland Barthes alla semiologia russa di Jurij Lotman, Boris Uspenskij e Pëtr  Bogatyrëv, fino alla narratologia francese di Algirdas J. Greimas. Di fatto Nino Buttitta liberò l'antropologia italiana dall'abbraccio spesso soffocante dello storicismo crociano e marxista. Il risultato fu un modo di leggere la società come un testo, dove tutto diventa segno, perfino i nostri gesti più quotidiani. Buttitta insomma aveva un pensiero forte. Era convinto che non ci si potesse accontentare di descrivere le cose in superficie, ma per capire l'uomo si doveva scendere in profondità, dove si trovano quelle regole che condizionano la nostra vita. Dal linguaggio ai costumi, dal modo di mangiare a quello di vestirsi, fino a quello di divertirsi. Che studiasse l'Opera dei Pupi o la mitologia di un popolo lontano, lui riusciva a farci sembrare vicino quello che in apparenza era distante, ma al tempo stesso a farci apparire strano ed esotico il nostro comportamento quotidiano. Anche se dalla concretezza della realtà sociale  non si allontanò mai. Tant'è che non esitò a scendere in politica, come deputato per il PSI nell'XI legislatura.

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