Protesta profili DEA - Roberta Tucci

Gentili Segretario Generale e Direttori Generali in indirizzo,

in quanto socia dell’Associazione Italiana per le ScienzeEtnoantropologiche (AISEA), della Società Italiana per la Museografia e i Beni Demoetnoantropologici (SIMBDEA) e dell’Associazione Bianchi Bandinelli (ABB), in quanto funzionario antropologo del Centro Regionale di Documentazione deibeni culturali della Regione Lazio che da quasi trent’anni si occupa dicatalogazione dei beni demoetnoantropologici anche in collaborazione conl’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, a titolo del tutto personale, mi permetto di avanzare alcune considerazioni in meritoall’eliminazione del profilo professionale di demoetnoantropologo(demoetnoantropologo, demoetnoantropologo direttore e demoetnoantropologo direttore coordinatore), così come appare nella proposta di revisione dei profili professionali della Terza Area funzionale del Mibac, di cui alla Declaratoria generale di Area (All. 4 al CCNL 2006-2009).

 


Tale eliminazione appare grave perché, a fronte del riconoscimentodei beni culturali etnoantropologici presente nel “Codice dei beni culturali edel paesaggio” (
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.42/2004 e successive modificazioni, art. 10) – eprima ancora nel “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beniculturali e ambientali” (D.Lgs 490/1999, art. 2, dove gli stessi beni erano chiamati demo-etno-antropologici) – e della presenza nominale del medesimo ambito disciplinare nelle strutture del Mibac, il settore verrebbe a restare privo delle necessarie figure tecnico-scientifiche, dotate di competenze di elevato contenuto specialistico e in grado quindi di garantire la tutela e lavalorizzazione di questi beni culturali mediante strumenti metodologici pertinenti, analogamente a quanto avviene per i beni archeologici, architettonicie storico-artistici. Inoltre la modalità di detta eliminazione, che siattuerebbe attraverso l’assimilazione del profilo di demoetnantropologo in quello di storicodell’arte, appare del tutto incongrua e ingiustificata vista l’evidente diversità dei due ambiti disciplinari e delle rispettive competenze; non solo,ma la sua eventuale attuazione andrebbe a inquinare le stesse competenzespecifiche degli storici dell’arte, poiché verrebbero loro attribuite“d’ufficio” ulteriori competenze (sui beni etnoantropologici) che essi non possiedono.


L’aspetto singolare, in questa proposta, è cheil profilo di 
demoetnoantropologo, istituito in coerenza con il “Regolamento diorganizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali” del 2000, cheper la prima volta inseriva nominalmente i beni demoetnoantropologici nelle strutture del Mibac, è stato il primo passo di unpercorso di riconoscimento che il Ministero ha avviato anche in seguito allerichieste avanzate in tal senso dagli antropologi, tramite le loro associazionidi categoria e di riferimento, e che includevano altri indispensabili passaggiquali il ruolo dirigenziale, le piante organiche e i concorsi, più e più volterichiesti ma finora non ottenuti.


Ora, se la proposta in questione dovesse venire accolta, non solosi tornerebbe indietro di oltre dieci anni azzerando tale percorso diriconoscimento dei beni etnoantropologici e delle relative figureprofessionali, ma si disattenderebbe lostesso “Codice dei beni culturali e del paesaggio” che tali beni riconoscepienamente quali parte del patrimonio culturale italiano.


A ciò va aggiunto il danno che si verrebbe a determinare per ifunzionari demoetnoantropologi che già operano nel Mibac e che siritroverebbero a diventare (o a ri-diventare) storici dell’arte; il danno chederiverebbe dalla mancanza di concorsi per demoetnoantropologi (mancanza chegià caratterizza lo stato attuale ma che diverrebbe così ufficialmentegiustificata) che andrebbe a gravare sui giovani specialisti del settore formatisi nelle Università e che oggi dispongono anche di una Scuola di specializzazione giunta al suo secondo anno, come pure sui demoetnoantropologiche operano nel settore dei beni culturali nei vari reparti della pubblica amministrazione, compresi gli enti territoriali e locali, e che, pur possedendotitoli e curricula  appropriati, non potrebbero accedere ai ruoli tecnico-scientifici del Mibac. Si tratterebbe diun danno grave e complessivo che, oltre a riguardare direttamente la categoriadei demoetnoantropologi, avrebbe un impatto negativo per lo  stesso Mibac, che si troverebbe a dover affrontare la tutela e la valorizzazione dei beni etnoantropologici senza poter disporre delle necessarie figure professionali, in un contesto storico in cui allo stesso Ministero è anche affidata l’attuazione della Convenzione Unesco 
per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Legge n.167/2007), per la quale è necessaria una solida dotazione di competenzeantropologiche non derogabili né sostituibili.


Mi associo quindi alle tante richieste già pervenute alle SS.LL.,da parte di colleghi, studiosi e associazioni, chiedendo a mia volta che la proposta in oggetto venga rivista e che il profilo professionale di 
demoetnoantropologo venga mantenuto; che inoltre si provveda a equiparare questa figura professionale alle altre già presenti nel Mibac, adeguando le piante organiche  e accendendo concorsi per funzionari e dirigenti demoetnoantropologi.


Ringraziando per l’attenzione che mi auguro verrà posta su questa mia istanza, porgo alle SS.LL. i miei distinti saluti.

 

Dr. Roberta Tucci

 

Roma,18 ottobre 2009

 

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