Cari amici,
come forse già sapete è morto oggi Claude Lévi Strauss. Il grande intellettuale antropologo francese è già da molti anni nelle nostre storie di studiosi, nei nostri pensieri di antropologi. La traduzione della sua opera sulle Strutture elementari della parentela da parte di Alberto Cirese annunciò il successo di tutta la sua opera in Italia negli anni '60.Il dibattito sullo strutturalismo in quegli anni lo oppose al marxismo, il suo pensiero fu letto anche in una chiave antiprogressista, tanto che il suo coetaneo Ernesto De Martino sul letto di morte (dialogo con Cases e Fortini, in Quaderni piacentini 1965), invitava a smascherarne gli aspetti irrazionalisti. Fu letto anche in una chiave europea e snob da Clifford Geertz nelle dure pagine di Opere e vite.
E' stato un segnatore del tempo del'antropologia, con la sua collaborazione con l'UNESCO sul razzismo e poi la sua critica radicale dell'UNESCO, con il coinvolgimento nel dibattito sull'identità della destra francese, con le generazioni dei suoi allievi.
Credo che sia giusto rendere omaggio al suo pensiero, alla sua vita di ricercatore e di intellettuale, al suo lavoro di accademico, alla sua vecchiaia gestita con grande senso del dovere e della riservatezza, così che - con le parole di Wittgenstein - ci chiniamo oggi davanti alla "Maestà della morte".
Mi sono permesso di allegarvi una cosa minima che ho già fatto circolare per il centenario:
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una lettera
che feci a nome dell'Università di Firenze nel 2002 per offrirgli una laurea honoris causa. In questa lettera ci sono anche le tappe del mio rapporto con questo autore come parte della storia culturale di un'epoca,
cordialmente
Pietro Clemente