E' morto Giulio Angioni (di Pietro Clemente)

Giulio Angioni

In una pagina virtuale avevo dato notizia della morte di Alberto Cirese e poi di quella di Enrica Delitala, oggi mi tocca darvi notizia della morte di Giulio Angioni.
Aveva un tumore da un po’ Giulio, sembrava seguire le cure serenamente.

E’ morto oggi a casa.
Aveva con sé Marinella moglie e collega, il figlio e le care nipotine. E’ successo improvvisamente e speriamo che quello che per noi è un dolore più forte perché inatteso, sia stato per lui un trapasso più lieve.

Ci lascia il ricordo di uno studioso appassionato, che ha fatto del mondo contadino dal quale veniva una ‘cultura’ altra e insieme nostra, cui ha dedicato tanti scritti di cultura materiale e simbolica. Giulio era diventato uno scrittore straordinario, anche qui animato dall’impronta contadina della famiglia e dall’esperienza sarda e migratoria del mondo.

Il suo romanzo L’oro di Fraus, è una delle più belle monografie antropologiche di un paese nella trasformazione. Dedicata a Fraus il paese –mito dei suoi romanzi. Negli anni ‘90 facemmo un grande tifo per il suo Una ignota compagnia edito da Feltrinelli, per il Premio Viareggio, libro bello e dedicato alle migrazioni incrociate di sardi e di africani a Milano. 

L’anno scorso il suo Sulla faccia della terra, era stato a marzo il libro del mese di Fahrenheit  su Radio tre, e di nuovo avevamo  fatto il tifo per Viareggio, ancora invano.

Scriveva poesie negli ultimi anni, ed aveva preso gusto a farne laboratorio su Facebook, in una pagina molto seguita. In questi giorni di fine e inizio d’anno, tornato a casa dall’Ospedale aveva ripreso a scrivere poesie su Facebook. Oggi la sua pagina face book è presa d’assalto dal dolore dei suoi amici , molti di loro citano le sue poesie antiche e recenti.

Oggi la sua pagina FB è una comunità poetica dedicato al  ricordo, una comunità di lutto. Ci ha lasciato un sacco di cose da leggere Giulio, se vorremo portaci ancora con noi la sua compagnia.

 

Ora lo voglio ricordare con voi con la poesia che più viene ricordata nel suo profilo FB:

Quando

 
Quando non si saprà
di te che sarai stato,
dell’albero che un giorno avrai piantato
in terra smemorata

e la parola d'aria respirata
sarà altra cosa in chissà quale stato

tu forse lo saprai
che qui e ora sei.
(ga)


 
L'UNIONE SARDA
 

Pietro Clemente racconta l'ultima conversazione a Natale con il “fratello maggiore”

Una vita di emigrazioni e ritorni a Guasila, paese mito

Pubblichiamo il ricordo dell'antropologo Pietro Clemente che con Giulio Angioni ha condiviso percorsi di vita e di studio.
Ci eravamo sentiti prima di Natale, Giulio aveva a casa il figlio e le nipotine, e rifletteva sulla vita. Mi disse che era sereno, e si sentiva giunto alla pienezza della vita. Mi colpì questa saggezza da antichi, mi spinse a riflettere sulle nostre storie incrociate. Lo consideravo un fratello maggiore, e così anche gli altri della generazione anni 40, quella più ribelle, rispetto a lui appena più grande nato a Guasila. Un paese mito, un paese popolo: c'era chi aveva studiato gli Zuni della California, chi i Masai dell'Africa, lui aveva studiato i Gua della Trexenta. Quel mondo contadino dei suoi padri gli aveva fatto da cultura altra per l'antropologo e da storia profonda per il narratore, e anche da linguaggio materno della vita tradotto poi in esperienza poetica. Il suo libro Sa Laurera era uno straordinario ricordo del mondo materiale del paese. Il primo romanzo, L'oro di Fraus, la splendida monografia antropologica di una comunità in trasformazione. I suoi romanzi e la sua vita sono pieni di emigrazioni e di ritorni. Indimenticabile quel sardo di Germania che torna al paese con un pullmino Volkswagen che per la rottura del cambio ha solo la marcia indietro. E lui convince le guardie di frontiera a farlo passare perché quel pullmino è il suo investimento per il futuro. Per non c'è problema a fare il viaggio a marcia indietro: una incredibile metafora dell'essere nel mondo dei sardi. 
Ha insegnato in Francia, Germania, Gran Bretagna, ha lasciato un sacco di scritti sia di antropologia che di narrativa. La sua vera dimensione di vita era la scrittura. Ho sempre ammirato la sua capacità di far nascere racconti, immagini, figure. Il fabbro bizantino arrivato a Fraus o il ragazzetto di Fraus, garzone in un'osteria a Cagliari, che vive in un'isola dello stagno di Santa Gilla con tedeschi, bizantini, greci, in una comunità plurale e pacifica, mentre intorno Pisa e Genova distruggono la Sardegna. 
Nell'ultimo romanzo, Sulla faccia della terra, c'è anche la dimensione politica di Giulio, che fu consigliere comunale del Pci a Guasila in anni difficili. Nella sua antropologia e nella sua narrativa c'è il suo modo di essere sardo, ironico e critico verso i sardismi eccessivi, verso le invenzioni di lontane origini gloriose, e insieme verso il consumismo, la distorsione dell'identità. Al fondo di tutti c'è la vita, il ritorno alla terra del padre, e questo era per Giulio il mondo della poesia. Addio Giulio, o forse a si biri.
Pietro Clemente

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