Il 2 ottobre a Siena, con il patrocinio della Presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, si terrà in via Roma, n. 47 alle ore 10,30 un incontro su Università e patrimonio culturale.
Pubblichiamo qui un testo di presentazione a firma di Pietro Clemente, Fabio Mugnaini, Fabio Dei e Maurizio Agamennone, promotori dell'iniziativa
1.Vitalità delle culture, politica, conoscenza
I firmatari sotto elencati, docenti e ricercatori universitari nelle Università toscane di Pisa, Siena, Firenze e loro sedi collegate (Arezzo, Grosseto, Prato), appartenenti all’ambito scientifico-disciplinare demoetnoantropologico (M-DEA/01) , intendono sollevare un problema e proporre l’apertura di un confronto riguardo il ruolo dei saperi scientifici e delle competenze universitarie nei processi di documentazione, conservazione e valorizzazione di forme della cultura popolare e del patrimonio demoetnoantropologico.
Negli ultimi anni, in Toscana forse più che in altre regioni italiane è cresciuta l’attenzione verso forme culturali radicate nella tradizione e nel territorio, portatrici di una diversità che viene considerata prezioso patrimonio e risorsa da tutelare e promuovere. La consapevolezza dell’importanza di questi “beni” etnografici, materiali e immateriali, è oggi ampia sia sul piano delle istituzioni nazionali e internazionali, come dimostra la Convenzione UNESCO per la tutela del patrimonio immateriale dell’Umanità, sia su quello delle amministrazioni locali e del ricco associazionismo che opera sul territorio.
Tuttavia, a questo felice momento di rivitalizzazione creativa non sempre si accompagna un impegno di carattere documentario, critico e di tutela dei protagonisti della tradizione e delle loro produzioni – il tipo di impegno, in altre parole, che compete alle sedi della ricerca scientifica universitaria. Analoghe fasi storiche o simili processi di recupero e revival della cultura tradizionale sono stati già ricompresi nel quadro della riflessione teorica e di metodo da parte degli studi demoetnoantropologici, che sono pertanto in grado di leggere in anticipo i rischi che ciò implica. Da un lato, rischi di semplificazione e di omologazione degli aspetti formali e artistici delle competenze culturali provenienti dalla tradizione, nell’impatto con un mercato culturale che mira al consenso ed al consumo; dall’altro, rischi di espropriazione dei soggetti sociali, dei singoli individui, delle collettività che si sono affermate come depositarie di proprie peculiarità culturali, da parte di un’imprenditoria culturale che spesso si muove senza particolari sensibilità, limitandosi a finanziare operazioni di vetrina e di pubblicità.
A differenza di quanto sperimentato dopo gli anni ’70, quando era frequente il ricorso delle amministrazioni locali alle competenze universitarie, oggi l’iniziativa pubblica si muove troppo spesso nella totale ignoranza degli sforzi e delle acquisizioni pregresse, promuovendo azioni culturali non fondate su obiettivi mirati, né sostenute da competenze scientifiche e di ricerca. A ciò possono aver concorso vari fattori, che vanno dalla diffusione, fino alla banalizzazione, di temi dell’identità, della memoria, della differenza culturale, della tutela e del patrimonio culturale tradizionale, ma certo anche la crisi della politica e della finanza locale. Quest’ultima apparentemente non consente più l’impianto di iniziative durevoli e di lungo respiro; sembra tuttavia consentire ampi margini di spreco in riprese e celebrazioni effimere e di basso profilo, per quanto concerne non solo la qualità scientifica ma anche le ricadute sui pubblici locali e la consapevolezza che dovrebbero invece alimentare.
2. Pratiche conoscitive, tutela, partecipazione
A fronte di una politica culturale spesso improvvisata ed incline alla sussunzione di temi, linguaggi, competenze artistiche e comunicative entro moduli spettacolari e promozionali di taglio piattamente consumistico, ci sembra che occorra recuperare una politica del riconoscimento delle competenze scientifiche, presenti e disponibili come pubblica risorsa entro le università, e bandire una mediocre politica che affida la supplenza di responsabilità, programmi e risorse a destinatari di dubbia competenza, talvolta in conseguenza di una singolare subalternità degli amministratori verso posizioni costruite su millantato credito, presunto charme mediatico o auto-annunciata visibilità radio-televisiva.
Del resto, nella realtà della Toscana possiamo rivendicare a pieno titolo sia una forte attività di ricerca sul territorio promossa dagli insegnamenti universitari in questione e sostenuta dai loro atenei, sia un’ampia pratica di dialogo con i soggetti operativi locali. A partire da questa realtà di dialogo e coinvolgimento già aperta, riteniamo quindi che l’Università possa rappresentare alcune garanzie fondamentali:
- intanto, una garanzia scientifica. La letteratura più accreditata sulla cultura popolare toscana è stata prodotta dalla ricerca universitaria e per iniziativa di studiosi universitari, spesso in collaborazione con centri e archivi locali;
- la garanzia di una politica di cooperazione scevra da spirito elitario e di competizione nei confronti delle culture locali e delle istituzioni del territorio, come è comprovato da tutte le esperienza in cui l’Università si è messa democraticamente in rete con le realtà locali, apportando competenze innovative e aggiornate di ricerca, interpretazioni dinamiche, rigore filologico, sprovincializzazione e rapporti con il dibattito internazionale; .
- la garanzia di basi di ricerca e documentazione secondo le procedure indicate dal Codice dei beni culturali e dalle linee della succitata convenzione Unesco; nonché di una criticità interpretativa che sappia contrapporsi alla diffuse e anacronistiche mitologie pseudoidentitarie ed essenzialiste, che spesso confinano oggi con le nuove retoriche della chiusura e dell’esclusione.
Si ritiene quindi necessario tornare ad affermare un ruolo di primo piano delle Università, e in esse delle discipline demoetnoantropologiche, nel definire processi di tutela, valorizzazione, salvaguardia di fenomeni culturali interni al territorio regionale, caratterizzati dal radicamento locale e riconducibili a quello che ci piace chiamare un contesto di diversità. Dal momento che il mercato culturale che si appropria del patrimonio tradizionale si muove quasi esclusivamente su fondi e risorse pubbliche, la qualità delle iniziative che ne scaturiscono è suscettibile di valutazioni anche di carattere politico e istituzionale: a tale titolo si ritiene di poter esercitare un diritto/dovere di valutazione critica, nella convinzione che anche in questo consista l’esercizio di un ruolo intellettuale e docente di natura pubblica.
.
3. Università e società civile
A tal proposito, ci sembra di poter chiedere ai Rettori delle università toscane di acquisire maggior consapevolezza del ruolo delle discipline demoetnoantropologiche in primo luogo (e di altre discipline che convergono con esse nell’interesse per lo studio della cultura popolare, come quelle storiche, linguistiche, musicologiche e filologico-letterarie) nelle dinamiche culturali e politiche della società civile; e, pertanto, di far valere questa specificità sia nel rapporto con le pubbliche amministrazioni, sia all'interno delle Università stesse, sia nei processi di formazione del mercato culturale.
Ciò significa aprire con gli interlocutori istituzionali, a partire dalla Regione Toscana, un percorso di verifica del quadro delle collaborazioni e delle risorse disponibili, scientifiche non meno che finanziarie, logistiche e tecnologiche, con l’obiettivo di registrare un forte segnale di attenzione al dialogo con l'Università negli ambiti sopra indicati. Nella convinzione che la rinuncia al confronto istituzionale ed alla critica politica vadano contro il ruolo intellettuale che i docenti della pubblica università di fatto esercitano, si invitano tutti gli interessati ad un primo incontro di analisi e bilancio delle forme di collaborazione tra enti locali e istituti di ricerca universitaria, in relazione al patrimonio culturale tradizionale, finalizzato al coinvolgimento degli enti locali, a partire dall’amministrazione regionale, in una più avanzata ed efficace prospettiva di collaborazione che assommi la tutela, la promozione, la conoscenza e la salvaguardia dei patrimoni che in quanto cittadini ci troviamo a dover gestire. La crisi attuale dell’Università, investita da politiche ministeriali contraddittorie e ostili, va affrontata a partire dalle ragioni profonde del ruolo conoscitivo pubblico, e questo terreno ci sembra di evidente interesse collettivo
4. Un primo incontro : aperto a tutti gli interessati.
Il primo incontro può contare sul patrocinio della Presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, e si terrà a Siena, in via Roma, n. 47, il giorno 2 ottobre 2008, alle ore 10,30.
Maurizio Agamennone, Pietro Clemente, Fabio Dei, Fabio Mugnaini
La foto in alto proviene dal sito della Itasca Historical Society, ed il fienile che si vede fa parte di una iniziativa, denominata "Barn Again" , promossa dal National Trust for Historic Preservation degli Stati Uniti.